Sai che, a livello mondiale, un enorme quantitativo di microplastiche rilasciate negli oceani proviene dai tessuti sintetici? Si tratta di una quota che val 16% al 35% e che possiamo tradurre in un range di 200.000-500.000 tonnellate all’anno. A rimetterci sono gli ecosistemi, gli abitanti di mari e oceani e, di conseguenza, le persone che, attraverso il consumo di pesce, ingeriscono a loro volta questi microscopici frammenti di plastica.
Contrastare il fenomeno sembra in parte possibile. Lo rivela uno studio dell’American Chemical Society pubblicato su ACS Environmental Science & Technology Water. Vediamo insieme cos’è emerso dalla messa a confronto del lavaggio di capi d’abbigliamento a mano con quello in lavatrice.
Lavaggi a mano VS lavaggi in lavatrice
Poiché la maggior parte delle microplastiche provenienti dai tessuti viene rilasciata le prime volte che i capi d’abbigliamento vengono lavati, sembra proprio che, almeno dal punto di vista del rilascio di microplastiche, lavare a mano sia più sostenibile per l’ambiente. Lo studio ha preso in considerazione una serie di fattori, quali tempi di ammollo, temperature di lavaggio, presenza e tipologia di detergenti.
I ricercatori hanno prima quantificato e individuato le microplastiche rilasciate durante il lavaggio a mano per poi procedere con quello in lavatrice. L’acqua rimasta in entrambe le condizioni sperimentali è stata filtrata per essere analizzata.
I risultati dello studio premiano i lavaggi a mano
Lo studio condotto dell’American Chemical Society conferma i vantaggi del lavare i tessuti a mano rispetto che a macchina. Uno dei primi fattori emersi, infatti, è la concentrazione delle microplastiche rilasciate in acqua: 1.853 (37,84 mg per ogni chilogrammo di tessuto) lavando i capi d’abbigliamento a mano, contro le 23.723 della lavatrice (222,84 mg). Inoltre, con i primi lavaggi, il rilascio è molto abbondante, ma tende a ridursi per poi stabilizzarsi con quelli successivi.
La ricerca condotta ha anche dimostrato che l’uso di detergenti e il tempo di ammollo tendono ad aumentare il rilascio delle particelle.
Tecniche di lavaggio atte a ridurre le microplastiche in mare
Senza impazzire a lavare ogni singolo capo d’abbigliamento a mano, il suggerimento è quello di selezionare con maggior cura ciò che indossiamo. Poliestere, poliammide e polipropilene sono tra i tessuti che rilasciano più microfibre di origine sintetica e sono tra i più utilizzati nel mondo del Fast Fashion perché più economici, durevoli e di facile utilizzo. Scegliendo abiti di buona qualità, durevoli e riparabili, ecco che iniziamo a ridurre il problema a monte.
Quando laviamo in lavatrice ci sono inoltre una serie di accortezze suggerite dall’associazione Marevivo che possiamo mettere tutti in pratica:
- Opta per cicli brevi e a pieno carico per riempire il cestello il più possibile
- Usa poco detersivo, possibilmente liquido
- Lava a basse temperature
Chi ha estremamente a cuore l’ambiente e ci tiene in particolar modo a dare il proprio contributo, sarà lieto di sapere che in commercio esistono sacchetti in cui riporre i vestiti durante il lavaggio: grazie alla loro maglia molto fine riescono a catturare buona parte delle microplastiche rilasciate nell’acqua.
È infine possibile dotare la propria lavastoviglie di un particolare filtro a cartucce, strada che ci auguriamo venga intrapresa dai vari paesi e resa obbligatoria nel momento stesso della produzione degli elettrodomestici, in modo che arrivino nelle nostre case già dotati di questo importantissimo componente di serie.
Salvaguardiamo i mari per tutelare anche la nostra salute
Se da un lato è importante sensibilizzare le aziende della moda a produrre più capi d’abbigliamento in fibre naturali e sostenibili, dall’altro serve fare pressione sui produttori di lavatrici affinché sviluppino sistemi di filtraggio più efficaci.
Nel frattempo ciascuno di noi può contribuire a proprio modo: vale la pena investire qualche minuto in più del proprio tempo per ridurre il rilascio di microplastiche nell’acqua.